22 luglio 2013

Messa a nudo

La ragazza con il top fluorescente e la gonna di jeans sopra il ginocchio quasi si nasconde dietro una felce in fondo alla chiesa, nella zona più buia.
Con fastidio e vergogna mimetizza i sandali di cuoio appena sporchi di sabbia sotto l'inginocchiatoio dell'Assunta.

La signora Lavinia prende il vecchio cesto delle offerte - vimini all'esterno e velluto rosso dentro - ed inizia la questua.
Procede tra i banchi con una fierezza sbilenca, una specie di diritto a una notorietà acquisita attraverso lustri di esercizio del medesimo servizio.
Al terzo banco appoggia una mano per saluto sulla spalla della moglie del sindaco, che ricambia con un finto sorriso di circostanza.
Al sesto banco si china e sussurra qualcosa all'orecchio della signora Giannotti, quella della gioielleria.
Al dodicesimo con un sorriso e un'inclinazione del capo riverisce la vedova del commendatore Sposito.

Finiti i banchi e la sfilata, fiera e impettita in modo che tutti l'ammirino, si avventura nella zona buia, verso la felce.
"Figlia mia" - esordisce con tono caritatevole e gesticolando col braccio libero dal cesto, in modo che la conversazione sia ben sottotitolata pure per chi non riesce a sentirla - "ti pare il caso... lo vuoi uno scialle? Ce l'ho in Sacrestia..."

Per un attimo la ragazza è fucsia come il top, pensa di andar via.
Poi con un filo di voce, indicando il Crocifisso sull'altare:
"Lo dia a Lui, ne ha più bisogno".