28 marzo 2013

Dead man walking

Fausto di corsa esce di casa, l'iPad, il portafoglio e le chiavi in una sola mano, mentre con l'altra prova ad infilare la manica del giubbino. Da qualche parte in tasca una merendina schiacciata, surrogato della colazione saltata per essersi alzato troppo tardi.
"Troppo tardi" è il tempo tra la fine del lavaggio dei piatti della sera precedente e la seconda sveglia del mattino - la prima ormai la ignora sistematicamente.

Fausto fermo nel traffico, autoradio a palla nell'abitacolo vuoto, aria condizionata e vetri serrati pure se è aprile... così, tanto per estraniarsi dall'arroganza degli automobilisti, dall'indisciplina dei centauri e dall'insistenza degli zingari ai semafori.

Fausto in metro - gliene toccano venti minuti ogni mattina - nel posto più distante dai profumi esagerati, dagli odori, dalle puzze, dalle conversazioni finto-colte, finto-interessate, finto-anti-luoghicomuni che aleggiano nel vagone.

Fausto a passo svelto fa slalom sul marciapiede scansando vecchi col bastone, badanti polacche con buste giganti, mamme e passeggini e perfino un barbone disteso sul gradino di una gioielleria.
Fausto tutto evita, tutto gli scivola addosso, immerso nella sua placenta di playlist e aggiornamenti di stato.

Fausto spegne l'iPad sull'uscio dell'ufficio, mentre passa in rassegna l'elenco dei problemi da risolvere, delle persone da affrontare, delle interminabili ed inutili riunioni a cui partecipare.
Inconsapevolmente storce appena il labbro superiore e gli scappa di pensare che tra dieci, massimo dodici ore sarà passata anche questa giornata.
Allora, seguendo il percorso a ritroso, potrà tornare verso la casa vuota, dove butterà in microonde qualche surgelato e lo mangerà davanti a una replica di Zelig che non fa più tanto ridere.
A mezzanotte passata, se Dio vuole, si ri-infilerà a letto.

Mette la mano in tasca, trova la merendina - ormai una sottiletta -, la appallottola e fa canestro nel cesto più lontano di carta da riciclare.

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