31 marzo 2012

Tu, altrui

Ecco il Dio che hai concepito, Miriam.

Ecco la trepidazione, ecco la gioia, ecco la buona notizia portata dall'angelo.
Ecco lo sforzo sovraumano di Yosef, ecco la sua improvvisa accondiscendenza.
Ecco la cura, ecco l'attesa.
Ecco la stalla di Bet-Lehem, ecco i pastori in festa, ecco i re d'oriente adoranti.

Ecco il Bambino da cui Tu hai imparato, e che pure Ti ha chiesto di spiegarGli l'Uomo.
Ecco il predicatore, l'arringatore di folle.
Ecco il profeta, ecco il guaritore, ecco il Messia.

E' quel pezzo di carne lì, bestia da macello battuta prima di essere soppressa.
E' la vela sul pennone più alto della Città Santa, monito per chi è del posto ed attrazione per i pellegrini.
E' quello in mezzo ai briganti, appeso tra i delinquenti, fiore di palude.

"Donna, ecco tuo figlio"
(Gv 19,26)

20 marzo 2012

Definitivo

Definitivo.

Me lo chiedi anche quando non lo dici.
Ce l'hai scritto nella postura del corpo, nel modo in cui stai sovrappensiero, perfino nell'espressione che assumi mentre dormi.

Definitivo il lavoro.
Definitiva la sistemazione.
Definitivo il nostro rapporto.
Definitivo l'Amore.
Definitiva la Passione.

Io riesco a dirti sottovoce che oggi la giornata mi è piaciuta, e che vorrei che domani fosse uguale.

"Ad ogni giorno basta il suo affanno".


17 marzo 2012

Usi e costumi

Mi aveva convinto, signora Patrizia.

Avevo iniziato a pensare davvero che il velo che porto sul capo offenda la lucentezza dei miei capelli e mutili i miei bei lineamenti orientali.

E' pazzesco che ai giorni nostri esistano paesi del mondo dove le donne sono costrette a coprirsi integralmente in ogni occasione di vita sociale.
Ed anche accettare la poligamia - così come impone la mia fede - è in fin dei conti una violenza alla mia natura femminile.
Ne abbiamo parlato così spesso in questi anni che non ho trovato più argomenti da opporre alle sue idee.

Eppure qualche giorno fa, di pomeriggio verso le sette, mentre passavo la cera sui mobili in sala, sua figlia è uscita sfrecciando alle mie spalle, salutandomi quando già era per le scale.
Mi sono accostata alla finestra e l'ho vista uscire dal portone con le amiche, tutte rigorosamente in top, minigonna e scarpe altissime abbinate alla borsa.


Ora mi viene in mente che era proprio venerdì sera, quindi lei doveva essere dal parrucchiere per la tinta e la messa in piega.
E Martina, che è molto più adulta dei suoi tredici anni, ne ha saputo approfittare.

"Una ragazzata." mi dirà.
"Avessi io la sua età..." aggiungerà in un sospiro.
"Un po' di punizione ed una sgridata dal padre saranno sufficienti." concluderà risoluta.

E' proprio di questo che le vorrei parlare.
Suo marito ha assistito a tutta la scena.
Era in strada che rientrava dal lavoro quando ha visto sua figlia e le amiche davanti al portone: a quel punto, inspiegabilmente, si è infilato di scatto nel bar all'angolo. Proprio quello di cui non sopporta la puzza ed i camerieri.
Quando le ragazze si sono allontanate, lui ha raggiunto il portone con cautela, ha preso l'ascensore ed è entrato in casa a passo svelto.
Trovandomi in sala, mi ha fissato per un istante, come se fosse stupito di vedermi lì; alla fine ha accennato un saluto e si è chiuso in stanza finchè non sono andata via.

All'ingresso ha lasciato solo un insopportabile scia di profumo alla pesca e la giacca sporca di glitter e rossetto.

Allah Akbar.


8 marzo 2012

Travolgente

Tanto Mare conosco quanto ne contengono i due promontori a cornice del Golfo.
Ogni scoglio chiamo per nome e, galleggiando in ciascun punto della superficie, so figurarmi perfettamente il fondale sottostante.
Ho imparato a calare la lenza tenendo conto delle correnti; so dove posizionare le nasse per i polpi e dove cercare le tane di murena.
Come il vecchio di Hemingway, mi accorgo del cambio di vento nel sonno e, prima di aprire gli occhi, indovino dall'umidità dell'aria le previsioni per la giornata.
Ma la conoscenza di questo Mare non è ancora completa.

Affondo le radici in generazioni di marittimi che hanno impresso sugli stipiti delle loro porte il detto: "Il Mare da, il Mare prende".
Ho visto fortune accresciute a dismisura in acque calme, difese con ogni forza nella burrasca, ritenute in salvo al tornare del sole, infine tirate a fondo da un'onda imprevedibile.
Per questo la mia pesca è senza avidità; è esercizio di esperienza anzicché ricerca di trofeo.
Eppure questo non mi salverà.

C'è ancora una faccia di questo Mare che non conosco: la faccia che ha quando travolge.
L'ho intravista qualche volta da lontano: dal sicuro di una strada, di una terrazza, di una casa; separato da una distanza calcolata sommando la Prudenza e la Paura.
Mi è sembrato di scorgere quel volto mentre sorreggevo l'anziano pescatore che guardava in lontananza il suo gozzo strappato all'ormeggio e scaraventato contro la scogliera.
Me ne sono fatto un'idea standomene affacciato impotente su di un'alta terrazza, accanto al proprietario dello stabilimento balneare mentre l'onda sfondava le porte del suo deposito e saccheggiava le sue attrezzature.

Chi sta sul Mare ne mette in conto la capacità improvvisa di superare margini di sicurezza ritenuti ragionevoli.

Capita una volta nella vita di trovarsi faccia a faccia con quella espressione, di scrutarla dritto negli occhi; quasi sempre è l'ultima cosa che si vede.
Presto o tardi - lo so - capiterà anche a me.
E non potrei immaginare una fine migliore.



In memoria di Enzo