28 febbraio 2012

Perfezione

Centoventi tagliolini in purea di fave e scaglie di pecorino D.O.P.
Squisiti.
Centoventi tortini di riso croccante in salsa di gamberi e scampi.
Straordinari.
Centoventi carpacci di tonno in crosta di sale grosso aromatizzato alle alghe.
Sublimi.
Centoventi scaloppe di manzo in odore di funghi e tartufi.
Magistrali.
Ma un cuoco vive per l'esecuzione perfetta.

Gustavo, pupillo di Gualtiero Marchesi, è l'enfant prodige della cucina internazionale.
Trent'anni appena compiuti, ma già all'attivo collaborazioni con i più grandi maestri dei fornelli.
Richieste continue da ogni parte del mondo, sceicchi e nobildonne che non badano a spese.
Cosa ci fa in quella anonima cucina d'albergo di provincia?
Perchè è lì - peraltro gratis - e non al Grand Hotel di Dubai o in qualche villa a Malibù?
Se lo chiede davvero, Gustavo, mentre controlla le decorazioni dei dessert.
Centoventi sorbetti al limone e centoventi dei suoi celebri tiramisù.

Sta ancora girando intorno al grande tavolo d'acciaio, quando dalla sala gli arrivano le prime note di "Wish you where here", confuse con il vocìo degli invitati che invitano gli sposi a ballare; poi la successione di due sedie che strusciano appena sul pavimento e, nel silenzio generale, il rumore secco di quattro tacchi verso il centro della sala.
Da lì gli arriva pure uno sguardo, attraverso gli oblò opachi della porta a battenti della cucina, dritto sulle sue spalle.
Gustavo lo avverte, lo riconosce e per questo non si gira.

Chiara quinta E.
Chiara occhi verdi e scarpe da ginnastica.
Chiara che aspetta il rumore della vespa nella traversa prima del cancello del liceo, poi salta fuori e si mette di traverso in mezzo alla strada, finchè Gustavo non rinuncia alla scuola e la porta al Mare.
E lì stanno per ore sulla sella della vespa a prendere il sole, schiena contro schiena.
Che ci sarebbe pure una spiaggia sterminata a disposizione, ma loro sanno stare solo così, schiena contro schiena.
E pure stavolta Gustavo resta di schiena, mentre Chiara balla il lento con il suo nuovo marito.

C'è un istante di silenzio tra le ultime note ancora appese in aria e gli applausi degli invitati. In quell'istante fa rumore soltanto la lacrima che Gustavo non riesce a trattenere: cade e si stampa tonda sulla polvere di cacao, nel centro esatto della superficie di un tiramisù.

"Questo alla sposa", dice rivolto al maitre.
Eccola, l'esecuzione perfetta.


21 febbraio 2012

Filone



Peppì a maggio la spiaggia è ancora vuota, come non la vedrai più nei prossimi mesi.
Ci trovi solamente tutto il sole di questo sabato mattina che si rotola sui ciottoli, e qualche gabbiano a scaldarsi sugli scogli.
Le finestre della classe, invece, sono sporche ed i cessi tappati di carta igienica; il professore di italiano è vecchio e stanco: si trascina in aula controvoglia e, senza dire "buongiorno", si siede e sbuffa.

Lasciala perdere quella della terzaeffe, lei punta già a quelli con la macchina.
Lascia che esca nello spacco tra le ore dicendo alle amiche che non sa più come evitarti; lascia che, non trovandoti, di nascosto cerchi la tua vespa nel parcheggio.
Oppure non lasciarla perdere, se vuoi... ma non oggi: oggi va' a Mare.

Che età strana è la tua, Peppì: ti vedo come le ballerine, in equilibrio su una sola punta.
Arriva un soffio di vento e mi preoccupo che ti butti a terra.
Ma le tue gambe sono più forti della mia fiducia.

Il Mare è ancora freddo, ma solo per qualche secondo dopo il tuffo: fai due o tre bracciate verso il largo e vedrai che prendi calore.

Scorre talmente in fretta questo tuo tempo che avrai bisogno del resto della vita per capire quello che ti sta accaddendo. E il resto della Vita sarà meno di un pomeriggio passato a giocare a battimuro.

Se vuoi lo spiego io ai tuoi, Peppì - se lo saprò spiegare... ma oggi dammi retta: va' a Mare.


14 febbraio 2012

Signori si nasce

Stasera passerò la notte al palazzo di Via XX Settembre, quello sotto il cui ampio porticato si concentrano i negozi delle migliori famiglie genovesi.

Prima di coricarmi, ripeterò come un mantra la medesima sequenza che pratico ogni volta che vado a dormire lì.

Alle 22:00 esatte controllerò l'ora sull'elegante Longines con cassa in oro 18 carati.
Poi mi guarderò distrattamente il viso nel grande specchio d'argento.
Scorrerò il lungo elenco di prestigiose acque di colonia, finendo per non sceglierne nessuna per la notte, come al mio solito.
Infine, prima di coricarmi, mi riempirò gli occhi dei mille riflessi colorati provenienti dalla vetrinetta in cui sono esposte le bomboniere di Swarovski.

A quel punto disporrò i miei cartoni alla meglio sul gradino davanti al negozio e lì proverò a prender sonno.

6 febbraio 2012

Vecchio scarpone

Vecchio Paese insofferente al freddo, paralizzato al cospetto di qualche centimetro di neve, osservi i tuoi comuni e le tue frazioni neanche troppo remote come se fossero arti congelati di cui hai perso il controllo;

Vecchio Paese incontinente, incapace di trattenere piogge modeste al cospetto delle quali lasci che i fiumi ti straripino addosso e che i costoni franino come capelli troppo stanchi per rimanere aggrappati al capo;

Vecchio Paese scosso da un Parkinson registrato dai simografi, dal quale non vuoi, né puoi, né provi più a difenderti;
Vecchio Paese che esponi le tue piaghe da decubito, le opere che non sei in grado di completare, i cantieri fermi che non riesci a sbloccare, le case che stenti a ricostruire;

Vecchio Paese raggrinzito per tutta l'estensione del tuo corpo dalle rughe del crimine e della corruzione;
Vecchio Paese dalla vista flebile, fatichi a far chiarezza in un presente offuscato da omertà e malafede;
Vecchio Paese affetto da Alzheimer, hai rimosso il ricordo del tuo recente passato, accettando che tutto ciò che è accaduto sia opinabile, che ogni verità storica sia rivedibile, che ogni certezza processuale diventi discutibile;

Vecchio Paese ipocondriaco, sospetti di avere tutti i mali del pianeta, senza più riconoscere quelli che realmente ti affligono e - al tempo stesso - vecchio Paese indolente, restìo alle cure, in fondo speranzoso che il Tempo ti guarisca facendo il suo corso;

Vecchio Paese che nascondi sotto il letto il catetere dei tuoi rifiuti, in attesa dell'infermiera che venga a svuotarlo;

Vecchio Paese che deambuli stancamente per il reparto, aggrappandoti alla stampella delle nuove generazioni, della quale - in fondo - faresti volentieri a meno;

Vecchio Paese mio,
non vorrei esserti vicino quando metterai fine a questa agonia.