27 dicembre 2012

Overdose


Se incontrerò di notte, nascosto sotto gli alberi del parco, il venditore di Felicità, gli chiederò di certo se ha nella sua borsa:

  • la prima volta che ti ho visto, senza conoscerti;
  • l'abbraccio con cui hai superato le mie mura;
  • la volta che, dopo aver pianto, mi hai detto: "Proviamoci";
  • la luna gigante e la tua pelle che trema;
  • la volta che mi hai detto: "Resta, non te ne andare".


Spenderò tutto quello che ho, né spenderei un centesimo di meno.
Miscelerò tutto insieme ed inietterò in vena, in una sola dose.
E morirò come ogni disperato, sconvolto da un'overdose di purissima Felicità.



20 dicembre 2012

Isolamento

Dopo aver osservato il quadro per qualche minuto, la signora impelliciata sentenzia: "Picasso" e il signore che l'accompagna annuisce così lievemente che la cenere resta perfino in equilibrio sulla punta del sigaro.
"Picasso" esclama pure il giovane universitario appena entrato nella sala.

"Che c'entra Delacroix?"
La voce di Pablo mi sorprende alle spalle.
Mi giro e mi imbatto nel suo sguardo spiritato, l'espressione di quando fa una domanda di cui sa già la risposta. Ma, siccome la risposta la pretende comunque, ripasso per un istante mentalmente "La Libertà che guida il Popolo" e mi spiego.

"Te ne sei accorto dalla donna a seno scoperto in primo piano, vero?" butto lì per rompere il ghiaccio.
"Dunque... Delacroix crea l'icona del Risorgimento, rappresenta l'Idea di un Popolo artefice del proprio destino: giovani dalle facce convinte, pistole e sciabole in pugno, avanzano compatti essendo disposti a passare persino sui cadaveri dei compagni che giacciono davanti a loro.

Questa opera ne è l'esatto contrario, l'avrei dovuta dipingere sul rovescio di quella tela.
La gente qui fugge in ordine sparso: uomini, donne, vecchi, bambini e perfino bestie.
Chi fugge salva quello che trova: una scala, una falce, una sedia, una scopa.
Ma soprattutto ognuno corre per se, travolge il vecchio steso a terra, se ne frega delle mamme che restano indietro lontane coi figli.

Questo non è un Popolo, al massimo è una folla di individui.
Il Risorgimento è finito, è iniziato l'Isolamento."

Picasso davanti a me, ad occhi spiritati, se la ride.


Guttuso '40

8 dicembre 2012

Metastoria, parte 3

Storia di tutte le storie, e dunque storia pure di se stessa.

Una volta scritta, la storia ha compiuto metà del suo tragitto: per completare il percorso servono dita che stropiccino pagine, occhi che focalizzino lettere e labbra disposte a schiudersi.

La storia è tutta contenuta nel filo di fiato che la stacca dalla carta e la materializza, sia pure  (apparentemente) solo per se stessi, in un vagone affollato di metropolitana.

Sostenuta dall'atto d'amore da parte del lettore, la storia stessa si trasforma - direi "si eclissa" - e diventa in realtà storia di se stessa, ovvero di quella particolare intesa che si sta realizzando.

Non può esistere gratificazione più grande per chi scrive di una voce che racconta le sue storie.


20 novembre 2012

Due bracciate



"Scusache, scusaaaa... sei tu Paole, l'istruttore di nuoto?"
Giovanni è gracile di fisico e pallido di carnagione.
Dalla corporatura a stento riesci a dargli i sedici anni che invece ha, rispetto ai quali pure la testa è rimasta indietro.
Non tutta, non uniformemente a dire il vero: le frasi, ad esempio, nelle quali spesso inciampa mischiando vocaboli e storpiando le finali delle parole.

"Devochedevo imparare a nuotare, Paole".
Lo dice per necessità, senza arroganza e senza l'aria di trasmettere un ordine ricevuto.
E questo mi piace.

No, in questo momento non sto guardando lui, guardo oltre.
Guardo la paura dell'acqua che trasmette, gli incoraggiamenti, le urla, lo spintone che sarà necessario a farlo tuffare ogni mattina.
Guardo la faccia che farà riemergendo, con un occhio aperto e uno chiuso, tossendo via la salsedine dai polmoni.
"Pazzochesei... pazzo completamente."

Poi - miracolosamente ma con grande naturalezza - si girerà sul dorso e tirerà due bracciate perfette.


7 novembre 2012

Viva gli sposi

Quello che avrei voluto dire - e non ho detto, perché ho problemi con i discorsi in pubblico, eppure giuro che avrei voluto - è che forse la Canzone dell'Amore Perduto non è proprio la più indicata per un matrimonio, vero maestro?!?

"L'Amore che strappa i capelli è perduto
resta soltanto qualche svogliata carezza
e un po' di tenerezza..."

Ho capito, allora chiudiamo la serata con una bella marcia funebre...


Il punto è che se le cose stanno così allora è tutto inutile, allora cosa stiamo qui a festeggiare oggi?
Mi consola solo la frase del poeta che dice che noi siamo i nostri stessi precursori, e che quelle che oggi ci sembrano le torri che abbiamo costruito sono solo le fondamenta dei palazzi che ancora dobbiamo edificare.

Questo vi auguro, cari C. e M.
Progetti più grandi, desideri più ambiziosi da inseguire, insieme.
Osate sognare.

Solo questo, eppure tutto questo.

Osate sognare.
Evviva gli sposi!



22 ottobre 2012

Choosy

Mio padre non vuole.
Il ragazzo del bar, l'aiuto dal fornaio, l'extra nei ristoranti sul mare.
"I soldi vanno guadagnati con il lavoro onesto".
Quando tornai con la mia prima cinta DolceeGabbana, senza dire niente, mi azzeccò un pacchero che risuonò per la tromba della scale.

Voglio le Hogan con la scritta argento come ce le ha il capoquartiere, centoventi euro al mercato di Poggioreale.
Non sono rubbate per finta, come quando devono piazzare le scarpe false: queste sono rubbate per davvero, ho visto io il camion in fiamme in mezzo alle terre.

Mio fratello-cugino, da quando ha iniziato a vestirsi firmato e a uscire con la macchina cinquanta, sta pieno di femmine.
Sabato a Licola si è portato perfino una di secondo liceo.
Voglio stare pure io come sta lui.

Ieri sera mi hanno dato la pistola, c'è uno da uccidere.
Ha il doppio degli anni miei, chissà che cazzo ha fatto...
Io non ho mai sparato a un uomo, ma penso che non farà differenza a lui o a un cane o alle lattine di cocacola nel cortile.

Mio padre è uscito stamattina alle sei.
E' tornato da poco e ora sta mezzo dormendo sulla poltrona, davanti a un programma di calcio che non guarda nemmeno.
In silenzio mi affaccio, lo osservo e mi fa pena.

Allora torno in camera, mi stendo sul letto e accarezzo la pistola sotto al cuscino.


13 ottobre 2012

Articolo 18

In quello che mi dà da vivere so di non essere un Artista.
Artista ha la sua radice in Arte e porta nella borsa degli attrezzi il talento, l'estro e la capacità visionaria.

Mi pare più azzeccata la definizione di Artigiano.
Artigiano è in realtà solo assonante ad Artista, derivando non da Arte ma da arto, ovvero mano, braccio, gamba.
Artigiano "guadagna il pane con il sudore delle fronte" e usa per strumenti lo sforzo e la cura.
Con lo sforzo prova a colmare la mancanza di talento e con la cura cerca di evitare che lo sforzo sia sprecato.

Torno di sera dal lavoro con il pantalone sporco di pittura ed i politici che si azzuffano nell'autoradio sui diritti dei lavoratori.
Basterebbe riscriverlo così l'articolo 18:
"Se non hai talento, garantisci il massimo del tuo sforzo corredato da tutta la cura di cui sei capace".
Il Paese sarebbe senz'altro migliore.

Rafforza l'opera delle nostre mani.
L'opera delle nostre mani rafforza.
(Salmo 89)


20 settembre 2012

Mattanza



Scavalca e salta, Farouk.

Scavalca e salta come nel suk di Tunisi, la polizia alle calcagna sui tetti ed i manifestanti a volare verso le bancarelle.
Il discorso di Ben Alì dalle tv in vetrina e gli spari tra la gente per le strade.
Le urla e l'odore intenso dei gelsomini.

Scavalca e salta come ad As-Sabbah.
Gli anziani mostrano le dita marchiate d'inchiostro facendo segno di vittoria.
Le donne in fila elegantissime nei loro vestiti leggeri e colorati.
Aria di festa per le prime elezioni, ma tu sai già che non cambierà nulla, che altri signori si faranno padroni della tua terra.

Scavalca e salta come dalla pancia del barcone.
Scirocco bollente ad asciugare le labbra e motore in perenne avaria.
Puzza di olio bruciato su puzza di vomito e di ferite in putrefazione.
Nella notte completamente buia solo la luce lampeggiante della Capitaneria di Porto.

Scavalca e salta come dall'inferno dell'Imbriacola, in mille oltre il limite fissato a trecento migranti.
Né acqua corrente né fogne, dopotutto siamo su un'isola.
I bambini sfiniti, le donne oltraggiate.
Le fiamme a percorrere tutto il centro di accoglienza.

Scavalca e salta anche ora, dalla balaustra della pompa di benzina dove vi siete asserragliati per evitare che vi sparino addosso.
Scavalca e salta per sottrarti alla carica mista di polizia e lampedusani inferociti, ai colpi portati assieme dalle forze dell'ordine e da chi cerca vendetta, dallo Stato e da chi ne fa questione di razza.

Scavalca e salta per quei cinque metri, Farouk, non perché ci sia qualche reale speranza di salvezza o miglioramento.
Scavalca e salta mica verso un futuro tranquillo, solo per allungare la tua vita di qualche minuto, di qualche frattura, di qualche sanguinamento.
Scavalca e salta come una bestia.



18 settembre 2012

Italian style



Alfredo il custode del parcheggio, quarantatre anni di servizio e nessuna voglia di pensione, è la memoria storica dello stabilimento.
La notte la passa scorrendo col dito sull'elenco dei posti assegnati.

"Stallo 120 - DA 970 GW".
Lucio, panda bianca a metano immatricolata 2006.
Dice che si è innamorato di quella macchina mentre le montava la portiera.
Prima ancora di segnalare certe piccole imperfezioni sul cruscotto, aveva già fatto tutte le carte per l'assegnazione.

"Stallo 175 - EG 876 AA"
Signora Maurizia, controllo qualità.
Alfa Giulietta bianca, in vendita su diversi siti con inserzioni anonime.
La signora dice che i mezzi pubblici puzzano, che sono sporchi, scomodi e fanno corse in orari assurdi.
Quando venderà la macchina e li dovrà prendere quotidianamente, anche a lei verrà il dubbio che le sovvenzioni pubbliche piovute per decenni potevano essere indirizzate meglio.

"Stallo 423 - CA 437 ET"
Maurizio, fu Pasquale.
"Fu" nel senso che il padre - Pasquale, operaio sulla catena di montaggio - ha passato il posto al figlio - Maurizio, laureato a pieni voti in biologia, diverse esperienze all'estero durante e subito dopo gli studi, fino alla "scelta" di metter su famiglia.
Pasquale, in prepensionamento a 55 anni, è oggi a pieno titolo nella categoria degli "esodati".

"Stallo 576 - DF 865 TY"
Gabriele, Alfa Mito rossa con apposto sul lunotto cartello "Vendesi".
"La benzina, l'assicurazione, il bollo" dice anche a chi non gli ha chiesto spiegazione.
"Il mutuo, l'asilo, le cure mediche, i mesi di cassa integrazione" pensa intanto.

"Stallo 750 - Da assegnare"
"Stallo 751 - Da assegnare"
"Stallo 752 - Da assegnare"


"La solitudine della Fiom e' la cartina di tornasole del degrado sociale del nostro Paese"
Nichi Vendola, 21/06/2010

28 agosto 2012

Paesaggio

Primo esercizio del fotografo è ritrarre il paesaggio.

L'odore acre dell'erba secca gialla, ocra, marrone.
La Terra incolta a perdita d'occhio, barbara ed arsa dal sole selvaggio.
In mezzo ad essa la Terra arata, dissodata, sottratta all'incuria e quel lavoro custodito con muretti a secco arrangiatissimi, che mescolano memorie di Berlino e di Nuraghe.

In mezzo all'oceano di Terra un fiume avanza come un serpente e - sull'ansa dove l'acqua rifluisce più lentamente - una teoria di papere va tracciando una scia misteriosa per il canneto.
Poco più in là un solo preciso colpo di spazzola venuto da nord ovest pettina la pineta, inclinando nello stesso verso i tronchi degli alberi secolari.

Dove la vista perde il fuoco, un'idea di Mare cobalto sul quale si sfoga Maestrale.

Liggiù solleva bianchissimi spruzzi e creste di onda.
Poi la corsa sulla sabbia in una nuvola di polvere.
Lo si vede tuffarsi nei cespugli tra i cardi, scuotendoli ed afferrandoli a ciuffi.
Nella pineta mescola l'odore di resina alla salsedine, al mirto, al carrubo e quest'alchimia pregiatissima arriva alle narici di chi, in piedi davanti a tutto questo, è intento a fotografare.

Se non si resta a bocca aperta davanti alla Sardegna, non lo si rimarrà neanche altrove.

Dedicato ai minatori del Sulcis
che rinunciano per protesta a tutto questo
in cambio della pancia buia della miniera.

17 agosto 2012

Sperpero

Ho venduto i gioielli che mi aveva lasciato mia madre per pagare qualche rata di mutuo.
Come una tossica, ho rubacchiato di nascosto dalla pensione di mio padre quando gli strozzini mi venivano a cercare.
Ho svolto il mestiere di strada per mantenere i figli agli studi.
Perfino un rene mi son fatta levare per garantirgli le cure mediche.

Li ho lasciati insediarsi con i lori macigni di cemento nel blu intenso di Taranto e di Bagnoli.
Li ho osservati vomitare incuranti per anni scarichi gialli e marroni nel Sarno e nel Volturno.
A mani nude ho aiutato le loro ruspe a sventrare la mia terra, dal Sulcis alla Val d'Agri.
Ho impastato tutto il cemento che hanno colato da Scalea a Diamante, e poi sui templi di Paestum e Agrigento.

Quando volevano andarsene, li ho supplicati di tornare a renderci ancora l'aria irrespirabile ad Aversa e ad Augusta.
Di continuare a raffinare petrolio nel golfo di Milazzo.
Di restare a vessarci a Pomigliano e Termini Imerese.

Oggi mi scopro straniera alla mia vita, immigrata nella mia Terra.

9 agosto 2012

Elogio della Sconfitta

Elogio della Sconfitta che scarica la Campionessa dalla pressione e la riporta al livello degli altri esseri umani.
Elogio della Sconfitta che riaccende la fame di vittoria nel Fenomeno e intanto premia lo sforzo e la tenacia degli inseguitori.
Elogio della Sconfitta per manifesta inferiorità, che almeno traccia in maniera chiara la strada verso il miglioramento.
Elogio perfino della Sconfitta più amara, quella di un'inezia, che però è evidenza del fatto che si sono raggiunti livelli di eccellenza.

Alex, invece, della Sconfitta ha Terrore.
La fugge, non la prende in considerazione, teme quasi che quella, insieme all'oro olimpico, gli possa scippare una fetta della sua stessa persona.
Lui che le strade del mondo le ha percorse tutte, si lascia tentare e sceglie quella sbagliata.

Non ne uscirai così, Alex.
Ritirarsi non risolve il problema, anzi finisce per innescare il vortice in cui stanno già danzando la Depressione e la Solitudine.
Questa è una storia che purtroppo già conosciamo.

Ti auguro la Sconfitta, Alex.
Ti auguro la forza di andare a stanarLa, la voglia di allenarsi per evitarLa, la serenità di chi sa di aver dato fondo alle proprie energie.
Ti auguro la voglia di continuare a qualsiasi livello per il solo gusto di misurarti con te stesso, senza ricorrere a nessun trucco, stavolta.

Iniziare sarà sicuramente la parte più difficile; poi basterà solo mettere un piede in fila all'altro.
E tu, in questo, sei il migliore al Mondo.


22 luglio 2012

Discorso della montagna

Le bandiere, le urla, i fischi e i tamburi.
La piazza gremita e la folla su per le strade, fin dove si perde lo sguardo.
Il segretario estrae il discorso dal taschino ed inforca gli occhiali.
Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino.
Tira un sospiro, schiarisce la voce.

Dal fondo, come un contagio, il silenzio invade la piazza.
Silenzio in faccia agli esodati ed ai disoccupati organizzati.
Silenzio dove ballavano i ragazzi dei centri sociali.
Silenzio scuro sul volto dei minatori del Sulcis, silenzio e salsedine sulla faccia degli operai Fincantieri.

Un colpo di vento - forse - e il discorso vola dal leggio, si apre in cento fogli che iniziano a ballare su quella scia di teste.

Il segretario ci pensa un istante, alla fine inizia.
 "Sollievo a voi cassaintegrati, perché il vostro apporto sarà riconosciuto essenziale.
Sollievo a voi esodati, perché meritate rispetto per il servizio che avete svolto per anni.
Sollievo a voi pensionati, perché la dignità che dobbiamo garantirvi deriva dai vostri sforzi per questo Paese.
Sollievo a voi giovani in cerca di lavoro, perché il vostro futuro è in realtà quello di noi tutti.
Sollievo a voi precari vessati, a voi che ad ogni fine mese rimescolate il mazzo del vostro futuro, a voi in attesa della paga che vi spetta di diritto, perché la bontà del lavoro, alla quale oggi vi aggrappate come ad una scialuppa, vi rende l'unica vera risorsa che questo Paese possa dire di avere."


10 luglio 2012

La marcia sui ROM

E come, non me lo ricordo il primo incendio al campo Rom?
Io dodici anni tengo, o ti pensi che sono ancora nu muccus?

C'avevo 9 anni quando successe.
Mi ricordo che dopo mangiato andavamo al deposito dei container, scavalcavamo un pezzo di muro in un punto dove avevamo levato tutti i cocci di vetro da sopra e andavamo a giocare a pallone finacché non veniva Buio.
Poi, quando scurava notte, ci arrampicavamo llà 'ncopp e, invece di guardare il Mare, che già non si arrivava a vedere più, ci giravamo verso Ponticelli.
Mammamia, a me parev ll'Inferno, con le luci arancioni da tutte le parti, le fiamme grosse che si alzavano ogni tanto dalla torre della Esso o da quella della Cu-eit, e intorno le colonne di fumo della monnezza che bruciava nei cassonetti.
Restavamo fino a tardi là sopra che di tornarcene qua al vico, in otto per ogni casa, nessuno di noi ne teneva mai voglia.

Mi ricordo che quella sera tu stavi a casa, era il periodo dei domiciliari.
Che io ti diciett: "Papà, ho visto una colonna di fumo verso il campo degli zingari, ma che era? Mica era nera e pesante come quelle della monnezza?".
E tu mi rispondesti: "Cambia solo quello, a papà, o'culor r'o fummo..."

Poi ti alzasti del tavolo della cucina - mi ricordo che tenevi la canottiera senza averci ancora a Padre Pio sul braccio - apristi la finestra e sputasti in mezzo alla via.
"Se qualcuno ti chiede qualcosa nun fa o'fess, dici che l'hai vista pure tu alla zingara che rapiva i bambini..."


Come fanno quotidianamente con la munnezza che prova ad invadere le loro case.
Non so se vada punito prima chi ha compiuto il gesto vilissimo,
o chi ha giurato ad ogni giornalista ed in tutte le trasmissioni
di aver visto ladri di bambini.

Forse sceglierei i secondi, che sono un rigenerante per la Camorra.
Anzi, in fin dei conti, sono essi stessi La Camorra.

3 luglio 2012

Gelosia

Nell'aula B del politecnico pochi neon resistono al progressivo spegnimento, pochi banchi allo smantellamento, pochi studenti all'afa di metà giugno.

Costas tira una riga dritta in alto sul foglio a quadretti e sopra ci appunta la data ed il nome del Professore che, in perfetto orario, entra dalla porta laterale.
Lo osserva sfilarsi con calma la giacca pregiata ed appenderla con cura ad un chiodo conficcato nella parete.
Il professore si rivolge agli studenti - li chiama già Ingegneri, con la "i" maiuscola - scusandosi per il fatto che sarà costretto dal caldo a tenere la lezione in maniche di camicia.

In una breve pausa guadagna il centro della cattedra, poi riprende:
"La parola più bella d'Europa è senz'altro Gelosia.
Gelosia nasce sull'altura di Masada, nel deserto israeliano, nel cuore del nulla,dove la setta degli Zeloti costruì la sua città stato.
Si trattava di una roccaforte completamente autosufficiente, dotata di enormi cisterne e granai, del tutto isolata dal resto del mondo.
Essa cadde solo dopo un lunghissimo assedio da parte dei Romani: gli Zeloti preferirono il suicidio di massa piuttosto che contaminarsi con un altro popolo.

La parola Gelosia però sopravvisse a quella strage.
Il clamore suscitato da quell'evento fece sì che in Grecia si iniziasse ad usare il termine Zelota per indicare chi era mal disposto alla condivisione. La parola, poi, fu importata a Roma - Zelosus - e più tardi in Spagna - Celoso -, in Francia - Jealous - e perfino oltre Manica.

La parola che indica la minima volontà di condivisione è pure quella più comune tra i popoli europei.

La seconda parola più bella è Europa, appunto, che naturalmente senza i Greci e la Grecia non esisterebbe neanche.
Questo credevo di dovervi dire."

Senza prender fiato, il Professore si volta verso la lavagna.
Costas fin qui ha scritto tutto, parola per parola.
Non tira altre linee sul foglio, ma proprio sotto quegli appunti, continua e scrive: "Teorema di Gauss".

24 giugno 2012

Onomastico



April entra nel suo nuovo ufficio.

Quattro scrivanie in finto legno formano due angoli retti in mezzo alla stanza.
Odore di detersivo al limone non ancora evaporato.
Cerca il suo nome sul segnaposto al bordo di ogni tavolo e non lo trova.
Lo cerca di nuovo e alla fine lo riconosce.
Allora sprofonda nella poltrona in finta pelle corrispondente, senza neanche levare il telo di plastica di copertura, con un nodo in gola che sta per soffocarla.

Come se ti chiamassi Giovanni.
Anzi, come se tu fossi proprio Giovanni, lo fossi sempre stato, ancor prima del concepimento: eri Giovanni già nella mente di tuo padre da ragazzino.
Come se quel nome fosse stato per te un abito di sartoria, qualcosa che ti spiega agli altri quando lo dici:"Io sono Giovanni", senza dover aggiungere altro.

Per quel motivo ti sei difeso dai nomignoli, hai evitato accuratamente i vezzeggiativi, hai sradicato ogni forma di contrazione e di storpiatura prima che attecchisse.
Non sei tu Gianni né Johnny né Vannino.

Poiunbelgiorno entra nel tuo ufficio un dirigente, un superiore, uno che nemmeno conosci e ti dice che hai fatto carriera, da oggi ti occuperai delle relazioni con i paesi orientali.
Che naturalmente si aspetta da te la massima capacità di integrarti ai loro usi e costumi.
Che "...dovrai essere uno di loro in tutto e per tutto: una spia in territorio nemico..".
Tu, sia pure con sforzo, sorridi.
E quando è già sulla porta, aggiunge "Naturalmente a iniziare dal nome: da oggi tu sei..." e aggiunge una cosa incomprensibile, che ti devi far ripetere per segnartela su un bloc-notes.

Questo pensa - nella sua lingua - April, fino a ieri Liu San He, nei suoi primi minuti da responsabile commerciale per l'Europa e gli Stati Uniti.

9 giugno 2012

Liberaci dal Male


La parte peggiore di me, se cercata, si nasconde.
Poi resta nel buio con l'orecchio teso, come un animale nella crepa del muro, finché non si ritiene fuori pericolo.

La parte peggiore di me non si assume responsabilità e scarica le sue colpe.
Quando inguaia l'altro non si cura della sua sorte, ma resta intenta a godersi il proprio sollievo.

La parte peggiore di me, chiamata per nome, non risponde.
Non riesce a balbettare nemmeno una parola elementare come: "Eccomi".
Se proprio costretta, percorre le vie agevoli dell'insulto gratuito e dello sminuimento del prossimo.

La parte peggiore di me non attende eventi particolari, piuttosto cerca il modo di sottrarsi ad essi prima che accadano, come il pugile che vuol schivare il colpo dell'avversario provando a decifrarne l'intenzione dallo sguardo.

D'altronde cos'è il Male, se non la sistematica volontà di sottrarsi all'occasione di essere migliore?


26 maggio 2012

Nuda proprietà

La proprietà è nuda perché la casa è in vendita.
Io e mio marito siamo troppo anziani per coprirne le vergogne.
Spunta una macchia di muffa e qualche crepa si fa largo lentamente nei muri: noi ogni giorno le osserviamo, tenendole come misura del tempo che passa.

La proprietà è nuda perché la casa è spoglia.
I figli sono migrati verso miraggi di lavoro, lasciando  - pesante - la loro mancanza.
La casa d'improvviso è diventata grande e inutile come una piazza vuota.
La solitudine mia e quella di mio marito si sono addomesticate a vicenda, attestandosi su di un labile equilibrio fatto di lunghe teorie silenziose da una stanza all'altra, come se fossimo regolati da semafori invisibili .

La proprietà è nuda perché non ne sarà ceduto l'usufrutto.
La casa ci restituirà le cure che le abbiamo tributato in tutti questi anni, finché ci saranno dati giorni.
E la smania di possesso dei nuovi proprietari concorrerà piuttosto ad allungare i tempi di presa di possesso.
Oltre la nostra vita, la casa resterà unica custode della storia della nostra famiglia, dipanatasi improvvisamente sul mappamondo.

La proprietà è nuda, proprio come noi che ancora la abitiamo.
Lo penso e lievemente godo di questa libertà, mentre l'agente immobiliare ciccione si arrampica per le scale, impacciato nel suo impeccabile doppiopetto.

12 maggio 2012

Metastoria, parte 2

Storia di tutte le storie, e dunque storia pure di se stessa.

Nessuna storia è di chi la scrive: la storia è sempre di chi la legge.

A seconda poi di come sia letta, con quanta attenzione, con quanto interesse, con quale predisposizione ad identificarsi in essa, la storia sboccia o marcisce.

Ma una storia, pur letta da più persone, non è mai diversa: è piuttosto un unico acquerello che si completa di diverse sfumature.

Per questo chi ha davvero a cuore una storia, ci tiene a condividerla.

30 aprile 2012

L' Impresa

Quando avremo soldi da parte,
comprerò macchinari nuovi,
prenderò un capannone più grande
e ne avanzerà pure per pagare i premi produzione.

Quando ci liquideranno le fatture sospese,
recupererò ogni arretrato,
pagherò ogni straordinario
e riconoscerò perfino l'interesse legale.
Rientreranno tutti i cassaintegrati,
gli stagisti avranno contratti,
ed i collaboratori metteranno su famiglia.

Io le case so fare,
da che sono maggiorenne.
Com'è morbida la malta a vent'anni;
com'è dura a quaranta.

Preferirei essere ancora quel ragazzo con la pala in mano,
la canottiera sporca ed i jeans cadenti,
anzicché quello che - a mani vuote -
 in giacca e cravatta esce dalla Banca.

Questo deve fare l'imprenditore: l'Impresa.

Ma,
alla fine di quest'altro giorno,
tutta la rincorsa non basta ancora al salto,
né tutti i guadagni, messi insiemi, fanno uno.

25 aprile 2012

L'inseguitore

Roberta insegue.
Lo fa da seduta in uno spicchio di sole sul sagrato malconcio della sua vecchia chiesa.
Insegue con l'irruenza dei suoi venti anni e con una nuova cicatrice sul cuore.

Roberta insegue con gli occhi la bara del padre che passa un palmo oltre le facce dure di pochi parenti e tanti creditori.
Quando la bara entra nel carro funebre, Roberta avverte la vertigine di un nuovo tempo, di una nuova stagione di vita alle porte; di riflesso si aggrappa alla sua immaginazione e si lascia portare alla scoperta della sua gioventù andata perduta in una notte d'ospedale.

Guglielmo, accucciato al suo fianco, intanto riversa incessanti carezze, che lei subisce passiva.
Di risposta lo osserva ogni tanto sott'occhio e prova a misurare la distanza che passa tra lui ed un uomo: quando alla fine ne ha una stima precisa, con un sospiro, rinuncia anche all' immaginazione.

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Roberta ora insegue il corteo che si avvia a passo lentissimo per la salita, con la costanza ed il metodo del minatore contro la roccia.
Non spicca la sua assenza in prima fila, non si addicono i suoi tratti gentili e la sua figura minuta alle esternazioni plateali di lutto dei parenti.

Insegue quello sciame finchè non scompare dietro il primo tornante.
Misura le sue energie e capisce che non riuscirà a raggiungerlo.
In quell'istante comprende.
Roberta insegue perchè è partita in ritardo, è stata sorpresa dalla Vita, come un corridore distratto allo sparo dello starter.
Ed inseguirà sempre perchè la Vita non rifiata e non è disposta ad aspettare.

Avverte lo sconforto sulle spalle, come un peso che grava sulla nuca.
Allora siede lì, al centro della strada ancora bagnata di pioggia.
Piange senza lacrime e senza singhiozzi.
Alla fine - con sforzo sovrumano - si rialza e - pur barcollando per il forte senso di nausea - si rimette in marcia per la salita.



16 aprile 2012

Cucciolo di giraffa

Questa non è la storia della gazzella che si sveglia e corre, né quella del leone che cerca di predarla.
Questa è la storia del cucciolo di giraffa, che si prende per benvenuto al mondo un volo di due metri. E, caduto a terra, senza sapere bene dove si trovi né cosa gli sia appena accaduto, deve mettersi in piedi su quei quattro spilli che da quel momento userà per zampe e seguire la madre.

Nessuno glielo ha spiegato, al cucciolo, di alzarsi in fretta; eppure in qualche modo capisce che non c'è spirito materno nel regno animale tale da giustificare la cura di un figlio incapace di reggersi in piedi.

Dopo un'infinità di schiaffi ricevuti dalla vita, dopo una marea di calci presi e dati, al minuto 31 di una partita qualunque PierMario crolla al suolo.
Senza capire cosa stia succedendo, sa solo che deve tirarsi su alla svelta.
Allora punta mani e piedi sull'erba del campo e fa forza.
Un attimo dopo è di nuovo faccia al terreno.

Prova ancora uno sforzo, mentre ormai è in apnea.
Quando capisce che non si solleverà, cerca con l'ultimo barlume di vista le sue gambe, solide e muscolose, che l'hanno portato fino ai campi della Serie A.
Infine crolla.

Chi lo ha soccorso non dimentica nel suo sguardo spento la sorpresa di essere stato tradito da ciò su cui - unicamente - faceva affidamento.


11 aprile 2012

Burning Nairobi

Un morto, una bottiglia di colla.
Dieci morti, un kalashnikov.
Trenta morti il controllo di una banda.
Ma qui non si uccide per ambizione, lo si fa per passatempo.


Nairobi in fiamme.
Cumuli di immondizia carbonizzata, rivoltata da milioni di mani alla ricerca di rame e ferro.
In centro le luci artificiali di discoteche ed alberghi per turisti.
All'orizzonte la fiamma dei pozzi di estrazione.
Avvampano i neon contro le pubblicità dei resort di Malindi, bruciano le baracche di chi appartiene ad un'etnia sbagliata.

Dicono che un fratello di Luka sia scappato, che si alleni sugli altipiani ad ovest con Kipketer e Kiptanui; di un altro dicono che sia entrato in una missione cristiana e di lì lo abbiano spedito a Roma in seminario.
Luka annuisce senza sorridere, finge una seria ammirazione.
Finge di non averli visti tenersi per mano in una fossa comune; e - alla fine - un po' se ne convince.
Poi preme bocca e naso avidamente contro il sacchetto, mentre lo tiene mezzo strozzato con un pugno.

L'iperventilazione.
La polvere lega coi muchi, sciogliendosi.
Un pugno violento sullo sterno, un peso che aumenta, come se qualcuno ci  salisse sopra in piedi.
Lo stordimento, la pace.
Pure stasera la fame è passata, la disperazione è scomparsa.



31 marzo 2012

Tu, altrui

Ecco il Dio che hai concepito, Miriam.

Ecco la trepidazione, ecco la gioia, ecco la buona notizia portata dall'angelo.
Ecco lo sforzo sovraumano di Yosef, ecco la sua improvvisa accondiscendenza.
Ecco la cura, ecco l'attesa.
Ecco la stalla di Bet-Lehem, ecco i pastori in festa, ecco i re d'oriente adoranti.

Ecco il Bambino da cui Tu hai imparato, e che pure Ti ha chiesto di spiegarGli l'Uomo.
Ecco il predicatore, l'arringatore di folle.
Ecco il profeta, ecco il guaritore, ecco il Messia.

E' quel pezzo di carne lì, bestia da macello battuta prima di essere soppressa.
E' la vela sul pennone più alto della Città Santa, monito per chi è del posto ed attrazione per i pellegrini.
E' quello in mezzo ai briganti, appeso tra i delinquenti, fiore di palude.

"Donna, ecco tuo figlio"
(Gv 19,26)

20 marzo 2012

Definitivo

Definitivo.

Me lo chiedi anche quando non lo dici.
Ce l'hai scritto nella postura del corpo, nel modo in cui stai sovrappensiero, perfino nell'espressione che assumi mentre dormi.

Definitivo il lavoro.
Definitiva la sistemazione.
Definitivo il nostro rapporto.
Definitivo l'Amore.
Definitiva la Passione.

Io riesco a dirti sottovoce che oggi la giornata mi è piaciuta, e che vorrei che domani fosse uguale.

"Ad ogni giorno basta il suo affanno".


17 marzo 2012

Usi e costumi

Mi aveva convinto, signora Patrizia.

Avevo iniziato a pensare davvero che il velo che porto sul capo offenda la lucentezza dei miei capelli e mutili i miei bei lineamenti orientali.

E' pazzesco che ai giorni nostri esistano paesi del mondo dove le donne sono costrette a coprirsi integralmente in ogni occasione di vita sociale.
Ed anche accettare la poligamia - così come impone la mia fede - è in fin dei conti una violenza alla mia natura femminile.
Ne abbiamo parlato così spesso in questi anni che non ho trovato più argomenti da opporre alle sue idee.

Eppure qualche giorno fa, di pomeriggio verso le sette, mentre passavo la cera sui mobili in sala, sua figlia è uscita sfrecciando alle mie spalle, salutandomi quando già era per le scale.
Mi sono accostata alla finestra e l'ho vista uscire dal portone con le amiche, tutte rigorosamente in top, minigonna e scarpe altissime abbinate alla borsa.


Ora mi viene in mente che era proprio venerdì sera, quindi lei doveva essere dal parrucchiere per la tinta e la messa in piega.
E Martina, che è molto più adulta dei suoi tredici anni, ne ha saputo approfittare.

"Una ragazzata." mi dirà.
"Avessi io la sua età..." aggiungerà in un sospiro.
"Un po' di punizione ed una sgridata dal padre saranno sufficienti." concluderà risoluta.

E' proprio di questo che le vorrei parlare.
Suo marito ha assistito a tutta la scena.
Era in strada che rientrava dal lavoro quando ha visto sua figlia e le amiche davanti al portone: a quel punto, inspiegabilmente, si è infilato di scatto nel bar all'angolo. Proprio quello di cui non sopporta la puzza ed i camerieri.
Quando le ragazze si sono allontanate, lui ha raggiunto il portone con cautela, ha preso l'ascensore ed è entrato in casa a passo svelto.
Trovandomi in sala, mi ha fissato per un istante, come se fosse stupito di vedermi lì; alla fine ha accennato un saluto e si è chiuso in stanza finchè non sono andata via.

All'ingresso ha lasciato solo un insopportabile scia di profumo alla pesca e la giacca sporca di glitter e rossetto.

Allah Akbar.


8 marzo 2012

Travolgente

Tanto Mare conosco quanto ne contengono i due promontori a cornice del Golfo.
Ogni scoglio chiamo per nome e, galleggiando in ciascun punto della superficie, so figurarmi perfettamente il fondale sottostante.
Ho imparato a calare la lenza tenendo conto delle correnti; so dove posizionare le nasse per i polpi e dove cercare le tane di murena.
Come il vecchio di Hemingway, mi accorgo del cambio di vento nel sonno e, prima di aprire gli occhi, indovino dall'umidità dell'aria le previsioni per la giornata.
Ma la conoscenza di questo Mare non è ancora completa.

Affondo le radici in generazioni di marittimi che hanno impresso sugli stipiti delle loro porte il detto: "Il Mare da, il Mare prende".
Ho visto fortune accresciute a dismisura in acque calme, difese con ogni forza nella burrasca, ritenute in salvo al tornare del sole, infine tirate a fondo da un'onda imprevedibile.
Per questo la mia pesca è senza avidità; è esercizio di esperienza anzicché ricerca di trofeo.
Eppure questo non mi salverà.

C'è ancora una faccia di questo Mare che non conosco: la faccia che ha quando travolge.
L'ho intravista qualche volta da lontano: dal sicuro di una strada, di una terrazza, di una casa; separato da una distanza calcolata sommando la Prudenza e la Paura.
Mi è sembrato di scorgere quel volto mentre sorreggevo l'anziano pescatore che guardava in lontananza il suo gozzo strappato all'ormeggio e scaraventato contro la scogliera.
Me ne sono fatto un'idea standomene affacciato impotente su di un'alta terrazza, accanto al proprietario dello stabilimento balneare mentre l'onda sfondava le porte del suo deposito e saccheggiava le sue attrezzature.

Chi sta sul Mare ne mette in conto la capacità improvvisa di superare margini di sicurezza ritenuti ragionevoli.

Capita una volta nella vita di trovarsi faccia a faccia con quella espressione, di scrutarla dritto negli occhi; quasi sempre è l'ultima cosa che si vede.
Presto o tardi - lo so - capiterà anche a me.
E non potrei immaginare una fine migliore.



In memoria di Enzo

28 febbraio 2012

Perfezione

Centoventi tagliolini in purea di fave e scaglie di pecorino D.O.P.
Squisiti.
Centoventi tortini di riso croccante in salsa di gamberi e scampi.
Straordinari.
Centoventi carpacci di tonno in crosta di sale grosso aromatizzato alle alghe.
Sublimi.
Centoventi scaloppe di manzo in odore di funghi e tartufi.
Magistrali.
Ma un cuoco vive per l'esecuzione perfetta.

Gustavo, pupillo di Gualtiero Marchesi, è l'enfant prodige della cucina internazionale.
Trent'anni appena compiuti, ma già all'attivo collaborazioni con i più grandi maestri dei fornelli.
Richieste continue da ogni parte del mondo, sceicchi e nobildonne che non badano a spese.
Cosa ci fa in quella anonima cucina d'albergo di provincia?
Perchè è lì - peraltro gratis - e non al Grand Hotel di Dubai o in qualche villa a Malibù?
Se lo chiede davvero, Gustavo, mentre controlla le decorazioni dei dessert.
Centoventi sorbetti al limone e centoventi dei suoi celebri tiramisù.

Sta ancora girando intorno al grande tavolo d'acciaio, quando dalla sala gli arrivano le prime note di "Wish you where here", confuse con il vocìo degli invitati che invitano gli sposi a ballare; poi la successione di due sedie che strusciano appena sul pavimento e, nel silenzio generale, il rumore secco di quattro tacchi verso il centro della sala.
Da lì gli arriva pure uno sguardo, attraverso gli oblò opachi della porta a battenti della cucina, dritto sulle sue spalle.
Gustavo lo avverte, lo riconosce e per questo non si gira.

Chiara quinta E.
Chiara occhi verdi e scarpe da ginnastica.
Chiara che aspetta il rumore della vespa nella traversa prima del cancello del liceo, poi salta fuori e si mette di traverso in mezzo alla strada, finchè Gustavo non rinuncia alla scuola e la porta al Mare.
E lì stanno per ore sulla sella della vespa a prendere il sole, schiena contro schiena.
Che ci sarebbe pure una spiaggia sterminata a disposizione, ma loro sanno stare solo così, schiena contro schiena.
E pure stavolta Gustavo resta di schiena, mentre Chiara balla il lento con il suo nuovo marito.

C'è un istante di silenzio tra le ultime note ancora appese in aria e gli applausi degli invitati. In quell'istante fa rumore soltanto la lacrima che Gustavo non riesce a trattenere: cade e si stampa tonda sulla polvere di cacao, nel centro esatto della superficie di un tiramisù.

"Questo alla sposa", dice rivolto al maitre.
Eccola, l'esecuzione perfetta.


21 febbraio 2012

Filone



Peppì a maggio la spiaggia è ancora vuota, come non la vedrai più nei prossimi mesi.
Ci trovi solamente tutto il sole di questo sabato mattina che si rotola sui ciottoli, e qualche gabbiano a scaldarsi sugli scogli.
Le finestre della classe, invece, sono sporche ed i cessi tappati di carta igienica; il professore di italiano è vecchio e stanco: si trascina in aula controvoglia e, senza dire "buongiorno", si siede e sbuffa.

Lasciala perdere quella della terzaeffe, lei punta già a quelli con la macchina.
Lascia che esca nello spacco tra le ore dicendo alle amiche che non sa più come evitarti; lascia che, non trovandoti, di nascosto cerchi la tua vespa nel parcheggio.
Oppure non lasciarla perdere, se vuoi... ma non oggi: oggi va' a Mare.

Che età strana è la tua, Peppì: ti vedo come le ballerine, in equilibrio su una sola punta.
Arriva un soffio di vento e mi preoccupo che ti butti a terra.
Ma le tue gambe sono più forti della mia fiducia.

Il Mare è ancora freddo, ma solo per qualche secondo dopo il tuffo: fai due o tre bracciate verso il largo e vedrai che prendi calore.

Scorre talmente in fretta questo tuo tempo che avrai bisogno del resto della vita per capire quello che ti sta accaddendo. E il resto della Vita sarà meno di un pomeriggio passato a giocare a battimuro.

Se vuoi lo spiego io ai tuoi, Peppì - se lo saprò spiegare... ma oggi dammi retta: va' a Mare.


14 febbraio 2012

Signori si nasce

Stasera passerò la notte al palazzo di Via XX Settembre, quello sotto il cui ampio porticato si concentrano i negozi delle migliori famiglie genovesi.

Prima di coricarmi, ripeterò come un mantra la medesima sequenza che pratico ogni volta che vado a dormire lì.

Alle 22:00 esatte controllerò l'ora sull'elegante Longines con cassa in oro 18 carati.
Poi mi guarderò distrattamente il viso nel grande specchio d'argento.
Scorrerò il lungo elenco di prestigiose acque di colonia, finendo per non sceglierne nessuna per la notte, come al mio solito.
Infine, prima di coricarmi, mi riempirò gli occhi dei mille riflessi colorati provenienti dalla vetrinetta in cui sono esposte le bomboniere di Swarovski.

A quel punto disporrò i miei cartoni alla meglio sul gradino davanti al negozio e lì proverò a prender sonno.

6 febbraio 2012

Vecchio scarpone

Vecchio Paese insofferente al freddo, paralizzato al cospetto di qualche centimetro di neve, osservi i tuoi comuni e le tue frazioni neanche troppo remote come se fossero arti congelati di cui hai perso il controllo;

Vecchio Paese incontinente, incapace di trattenere piogge modeste al cospetto delle quali lasci che i fiumi ti straripino addosso e che i costoni franino come capelli troppo stanchi per rimanere aggrappati al capo;

Vecchio Paese scosso da un Parkinson registrato dai simografi, dal quale non vuoi, né puoi, né provi più a difenderti;
Vecchio Paese che esponi le tue piaghe da decubito, le opere che non sei in grado di completare, i cantieri fermi che non riesci a sbloccare, le case che stenti a ricostruire;

Vecchio Paese raggrinzito per tutta l'estensione del tuo corpo dalle rughe del crimine e della corruzione;
Vecchio Paese dalla vista flebile, fatichi a far chiarezza in un presente offuscato da omertà e malafede;
Vecchio Paese affetto da Alzheimer, hai rimosso il ricordo del tuo recente passato, accettando che tutto ciò che è accaduto sia opinabile, che ogni verità storica sia rivedibile, che ogni certezza processuale diventi discutibile;

Vecchio Paese ipocondriaco, sospetti di avere tutti i mali del pianeta, senza più riconoscere quelli che realmente ti affligono e - al tempo stesso - vecchio Paese indolente, restìo alle cure, in fondo speranzoso che il Tempo ti guarisca facendo il suo corso;

Vecchio Paese che nascondi sotto il letto il catetere dei tuoi rifiuti, in attesa dell'infermiera che venga a svuotarlo;

Vecchio Paese che deambuli stancamente per il reparto, aggrappandoti alla stampella delle nuove generazioni, della quale - in fondo - faresti volentieri a meno;

Vecchio Paese mio,
non vorrei esserti vicino quando metterai fine a questa agonia.


31 gennaio 2012

Uno sguardo

Donna, ed indissolubilmente Femmina.
Di femminilità che avvampa dalle viscere della Terra
corre lungo la traiettoria delle gambe,
sbanda sinuosa sui fianchi,
per un attimo si avvolge su seni ed addome,
ma poi subito si arrampica per la parete del collo
e con inspiegabile energia
sgorga, effonde dagli occhi
fino a invadere con irruenza di presenza fisica
lo spazio circostante.

Non una corazza,
nè uno scafandro,
nè senz'altro il burka
che mi è stato cucito addosso
potranno mai arrestare questo prodigio.


23 gennaio 2012

Macerie

Natale al 25 di gennaio.
Natale di luci già smontate e vacanze già godute.
Natale di piazze vuote e vento gelido che le spazza.
Natale di poco fumo dai camini e negozi chiusi prima della sera.

Natale di transenne, di ponteggi e di lavori fermi prima di iniziare.
Natale di pilastri inclinati e di travi spezzate.
Natale di una strada che nessuno più percorre, di un posto che nessuno vuole più guardare.
Natale di un albero che lo tiene ancora acceso, se lo attacca addosso come un malato terminale.
Natale degli innocenti di cui fu fatta strage sotto e intorno alle macerie della Casa dello Studente.

Ci sono state sedie vuote davanti a posti apparecchiati e famiglie che non hanno saputo per chi addobbare i propri salotti e dove deporre i propri regali.
Alla fine l'albero l'hanno fatto qui, via XX Settembre 46.
Ed oggi - 25 gennaio 2012 - nessuno trova la forza di spegnerlo.

18 gennaio 2012

Lucidità

"Naviga in acque ristrette avendo sempre pronta una manovra di riserva".

Non è scritto su uno dei manuali di navigazione che ho studiato: me lo diceva mio nonno quando mi portava con il gozzetto a vela tra le scogliere e la spiaggia di Sorrento.
Io la manovra di riserva non ce l'ho avuta.

La Nave non gradisce acque basse.
Ce l'ho portata come un cavallo al trotto che storce il collo per non guardare a cosa va incontro.
Le ho aperto una ferita mortale nell'opera viva e questo danno alla mia creatura non me lo perdonerò, mai.
Lì finisce ed incomincia un'esistenza.

Per prima cosa ho cercato di chiamare il direttore di macchine per avere una stima del danno: inutile, era già partito autonomamente verso i doppi fondi.
Per seconda cosa mi sono imposto di mantenere la calma e di evitare il panico, almeno sul ponte di comando.
Per terza cosa ho risposto all'interfono - il direttore di macchine che gridava di evacuare la Nave.
Per quarta cosa ho fatto diramare l'annuncio di un problema elettrico ed intanto mi sono messo in contatto con la compagnia di navigazione.

La conversazione è stata lunga, concitata, interrotta più volte, con ordini discordanti sul da farsi.
Mi hanno detto di prendere tempo: ci saremmo risentiti a stretto giro.
Il primo ufficiale intanto ha risposto all'interfono - di nuovo il direttore di macchine che gridava di mettersi in salvo, subito, perchè non c'era altro da fare.
La Nave - i motori ormai fermi - iniziava a sbandare su di un fianco, come il corridore che si accascia subito dopo il traguardo: in quell'istante ho avuto la certezza che l'avrei persa.
Intanto la bassa forza veniva su dalla sala macchine, dai primi piani e per conto suo metteva mano alle scialuppe di salvataggio.

Per quinta cosa sono uscito fuori di corsa, urlandogli contro che ero ancora io il comandante, davo ancora io gli ordini.
Più urlavo, più loro continuavano imperterriti, più finivo per richiamare l'attenzione degli altri ufficiali e del personale di bordo che iniziava a sbucare sul ponte con aria incredula e preoccupata.
Per sesta cosa mi sono avventato contro quello di loro che armeggiava con il dispositivo di manovra delle scialuppe, ma quello, abituato ai lavori pesanti, in un attimo mi ha preso e scaraventato a terra.

Per settima cosa me li sono visti tutti addosso.
Ho pensato che finisse così, buttato in mare dal ponte principale.
Poi è sbucata la mano tesa del primo ufficiale: "Comandante salga sulla scialuppa ed abbandoni la nave.
Assumo io il comando."

Per ottava cosa mi sono tolto la giacca, per nona il cappello.
Per decima cosa, sottovoce gli ho detto: "Getta le ancore, che la corrente porta a terra".



Lascio volentieri alla Giustizia
il compito di emettere sentenze.

14 gennaio 2012

Metastoria

Storia di tutte le storie, e dunque storia pure di se stessa.

Nessuna storia è uguale alle altre.

Salgono improvvise come zampilli di lava dalle pendici del vulcano contro la notte buia.

Alcune le intercetto prima che ricadano.
Con altre non faccio in tempo: tornano a ribollire all'interno del cratere.

Ma, mesta e rimesta, la lava è sempre quella.
Attendo nuove e più impetuose eruzioni.


10 gennaio 2012

In fin dei conti

In fin dei conti non è un cattivo mestiere, "Compro Oro".

In fin dei conti il prezzo d'acquisto non sarà quello di mercato, ma neppure è una miseria.
Certo, ho un profitto sulla differenza tra il prezzo a cui acquisto e quello a cui rivendo ma in fin dei conti questo è il mercato, bellezza: dovrò pure ripagarmi le spese vive, il fitto del locale, l'indennità di cassa....

A dire il vero lo descrivono come un lavoro rischioso, ma a nessuno è mai saltato in mente di venire a toccare i soldi che custodisco - e, in fin dei conti, sono tanti; ma io non ci sono attaccato morbosamente, come gli altri: i soldi vanno e vengono (anche se, in fin dei conti, preferisco quando vengono).

Non tocca a me indagare sulle fonti da cui arriva il denaro che utilizzo: in fin dei conti non sono il padrone di tutta la catena, sono soltanto un negoziante affiliato.
E nemmeno mi interesso sulla provenienza dell'oro che acquisto: a me basta che mi si esponga un documento di riconoscimento che, in fin dei conti, neanche guardo.

In fin dei conti, alle volte faccio pure del Bene.

Capitano i disperati che hanno venduto tutto.
Tutto.
Pure le fedi si so venduti, ma gli servono ancora soldi.

Ed io presto.
Al 15, alle volte al 20.
Mica molto di più delle banche, in fin dei conti...


2 gennaio 2012

Svelato

Mi piace concludere le mie visite guidate qui, al centro della Cappella Sansevero, intorno a questo straordinario Cristo Velato del Sammartino che un genio assoluto come Canova provò in ogni modo ad acquistare, senza riuscirci.
Mi piace qui, perchè questa cappella è per me l'ombelico di Napoli: l'immagino come un tappo che - se sollevato - aprirebbe una voragine in grado di inghiottire la Città.

Vi lascio ammirare la perfezione ed il realismo incredibile della statua senza aggiungere nulla sull'opera, perchè ogni parola è superflua.

Una cosa invece la voglio dire sul significato che assume la statua nel contesto della cappella.
Se è vero, come ci siamo detti finora, che qui dentro è delineato chiaramente un percorso iniziatico per massoni - sia pure utilizzando messaggi e simboli ancora non del tutto decifrati - cosa c'entra allora questa statua?
Gli studiosi si dividono in due fazioni: alcuni sostengono che il Cristo Velato sia l'immagine stessa della Verità che traspare ma non si svela se non agli spiriti eletti; altri avanzano l'ipotesi che si tratti di una sorta di mausoleo che il Principe si è fatto costruire in vita - in questo caso la figura di Cristo alluderebbe alla carica di Gran Maestro che il Principe ha ricoperto fino all'editto di scioglimento della Massoneria napoletana.

Secondo voi di che si tratta? Della Verità o del Gran Maestro?
Quella che vi ho raccontato è Storia o è Leggenda?
E il principe era uno Scienziato o uno Stregone?

...

Alla fine di questo percorso ho deciso di svelarvi il vero segreto di Napoli.

Napoli è l'orizzonte del golfo spalancato sul lungomare ed il buio nei vichi dei quartieri.
Napoli è la disperazione della periferia e lo splendore di Piazza Plebiscito.
Napoli è elaborata come una sfogliatella e veloce come una pizza.
Napoli è madre e matrigna, con una mano schiaffeggia e con l'altra abbraccia.

Anche le persone qui sono così, guardatele in faccia: hanno personalità di ogni gradazione di colore dal bianco al nero.
Sì, è vero, forse il bianco puro non lo troverete da nessuna parte... ma vi assicuro che neppure la faccia più truce qui è mai dipinta di nero assoluto.
Questa è Napoli, se la vorrete leggere così: un immenso affresco, una gigante opera d'arte vivente.

E la statua davanti a noi ne è, evidentemente, la sintesi migliore.