29 dicembre 2011

Sepolto

Dove è finito?

Tutto quello che ci siamo detti, tutto quello che ci siamo dati, tutto l'Amore che abbiamo fatto, le urla che ci siamo scagliati contro, le lacrime che abbiamo affogato, gli abbracci in cui ci siamo stretti, le volte cha hai avuto paura e mi hai cercato, le volte in cui ero per terra e mi hai sollevato, i nostri progetti, i risultati che insieme abbiamo ottenuto...

Che fine fa tutto questo?
Vorrei trovarne una traccia, un simbolo che mi dica che c'è stato davvero, che non l'ho sognato stanotte.
Vorrei un murales da cancellare, un lucchetto da forzare, un mucchio di foto da buttare, un mobile comprato insieme da smontare.

Invece il nostro Amore è finito sepolto, ne nascondiamo gli indizi come l'assassino con l'arma del delitto.

Resta soltanto questa fastidiosa scarica di adrenalina quando incrocio i tuoi occhi tra la folla.
Ma alla lunga, vedrai, riuscirò a dissimulare anche quella.

19 dicembre 2011

Il Demone

Godi, mio cuore.
Conta i tuoi battiti,
spalanca i ventricoli al silenzio,
sepolto in una bara d'acqua.

Nulla più di questo è la Morte,
non temere:
solamente quiete e riposo.

14 dicembre 2011

La neve e la ruggine

Nel piccolo ingresso della piccola pensione una piccola tv gracchia la sigla di apertura di Fantastico, deformando per la scarsa sintonizzazione il corpo statuario di Heather Parisi.

Il ragazzo entra, si scrolla la neve e la ruggine dalla testa, saluta l'anziana coppia di titolari avvolta nel plaid sul divano davanti alla tv - dei due risponde solo lei con un mugolìo gutturale - e si infila nella cabina telefonica.

Una volta dentro, estrae dalla tasca un mucchietto di gettoni, inserisce il primo nella fessura, rotea una decina di volte con l'indice la ghiera dei numeri fino al fermo in alluminio.
Tre squilli.
"Pronto?" chiede una voce roca, stanca, vissuta.
"Mà?"
"Salvuzzu, beddu... unne sei?" chiede la voce rinvigorita, ringiovanita all'improvviso.

"Alla pensione, mà...
Ma no che non sono tornato adesso, sto qua da un pezzo...
E che ora sarà stata, le sei, forse pure le cinque e mezza, che sono uscito dall'officina...

Certo che ho mangiato...
E che cosa... i piatti che fanno qua a Ivrea: la fonduta ho mangiato...
La fon-du-ta... tipo formaggio squagliato, bollente, mà...
Mà, che ti spiego? Qualche volta che vieni poi te la faccio assaggiare..."

Gettone.

"Al lavoro le solite cose: mica faccio lo scultore che ogni giorno c'è una cosa diversa... io le lamiere devo battere...
No che non mi ammazzano di lavoro: i turni, le pause, gli straordinari... tutto ci danno, non ti preoccupare.

Mica tanto freddo fa...
Tu non lo sentire al colonnello delle previsioni, quello deve esagerare...
Vabbè, domani il cappotto e il cappello... e pure i guanti, vabbene."

Gettone.

"La gente... come deve essere?
No che non sono razzisti, mà... tu la televisione non la devi stare a sentire...
E pure se fosse, mica me li devo sposare: basta che mi pagano a fine mese...
Sì, non ti preoccupare... mi sto accorto."

Gettone.

"Voi come state?
E papà? Dici la verità, sta guardando Heather Parisi...
Vabbè... ciao, buonanotte.
Vi voglio bene."

La cornetta viene agganciata all'apparecchio, i gettoni riposti nella tasca, il pianto affogato nella gola.


8 dicembre 2011

Vergogna

Due giri di boa di piume intorno alla gola, come se potessero qualcosa contro la tracheite, e poi: sipario.

Don't need to be beautiful to turn me on...

Mentre con falcata decisa guadagna il palo al centro della sala, Roxana (in realtà Rosaria) cancella dalla sua testa nell'ordine: il bancone ed il barista in fondo al locale; i due tipi dalla carne bianchissima e dai capelli biondi che continuano a parlare fitto tra loro, gesticolando con mani cariche di anelli e bracciali, incuranti dello spettacolo che comincia; il tavolo sulla sinistra - evidentemente un addio al celibato dove, come al solito, gli amici dello sposo cercano di convincerlo a desistere dal suo intento mostrandogli fino a che punto può spingersi la disperazione da scapolo.

...just need your body, baby, from dusk til down...

Resta solo lei, il palo da lap dance ed un uomo.
Sì, c'è un uomo seduto in penombra sulla sinistra che scrive su di un taccuino da cui non solleva mai la testa.
Non c'entra niente con quell'ambiente, non ha addosso l'ansia da sesso di chi frequenta quel club, probabile che addirittura non c'abbia mai messo piede prima di due o tre sere fa, quando Roxana l'ha notato per la prima volta.

...ain't no particular sign I'm more compatible with...

Mentre Roxana è a testa in giù, tenendosi con le gambe al palo, il seno nudo pendente verso il volto in modo innaturale, senza mai distogliere lo sguardo dal taccuino l'uomo inizia a leggere, con voce perfettamente misurata:

"Eleganza della nuca,
meraviglia di lineamenti
che la luce copre e svela
in un'aurora continua;

nitore dei seni,
delizia dei fianchi,
il giorno capovolto
pende
agganciato ai tuoi capelli..."


All'improvviso Rosaria si scopre nuda, in posa innaturale, sotto un nome non suo ed improbabile, in attesa della fine della canzone ben più che dell'apprezzamento di un branco di maschi arrapati.
Da qualche parte dentro di se sente risbocciare il fiore sepolto della Vergogna.

...just want your extra time and your kiss.

5 dicembre 2011

Non è mio

Quando si conclude la giornata e tutti sono già andati via, abbandona il bastone che usa per sostegno, si lascia andare sulla sua poltrona e contempla.
Rimira gli uffici enormi, pesantemente arredati, le statue in gesso all'ingresso ed il gioco d'acqua che ha fatto installare davanti alla sua stanza.
Con la mano irrequieta liscia le finiture, carezza le maniglie, cerca gli spigoli cromati delle sedie.
Inala profondo, come certi mammiferi che devono imparare l'odore del figlio per poterlo riconoscere.
Come un figlio per lui è quello spazio, e la sua discendenza è - più che altrove - in quell'immagine sfarzosa ed opulenta della sua azienda.

Tutto ha voluto curare - da solo - fin nei minimi dettagli: ha previsto la disposizione delle scrivanie, il dislocamento dei dipendenti, perfino l'orientamento delle mattonelle sul pavimento.
Ha spazzato via non solo chiunque si sia opposto, ma anche chi sia parso non del tutto convinto della necessità di quegli investimenti enormi.
Adesso, a lavoro concluso, affonda i sensi malandati nella sua creatura.

Perchè, prima di tutto, quel posto è un esercizio sensoriale, un orgasmo completo che - per quel giorno ancora - serra le difese della Vita contro gli avamposti della feroce Malattia che si porta dentro.

Così, per pochi minuti al giorno, non c'è più la montagna di debiti su cui quel gioco si regge, scompaiono i creditori e gli ufficiali giudiziari sempre alla porta, sbiadiscono i volti dei dipendenti vessati e disperati.
Esiste solo la violenta simbiosi tra lui e ciò che non è suo.


"Non è mio".
Pensiero resistente come un'incrostazione, sfacciatamente tenace.
Gliel'avrà impiantato la Malattia in qualche recondito anfratto del corpo, per renderne più difficile la rimozione.
L'ha covato involontariamente mentre il suo progetto prendeva forma, finchè ora - ad opera completata - gli è esploso dentro con inaspettata potenza.
"Non è mio" non è capriccio di bambino, è casomai anticipo di una dichiarazione di resa.


Adesso estrae un mazzo di tarocchi, camuffato in un tiretto tra le varie scartoffie.
Glielo regalò la sorella, quando ancora si rivolgevano la parola.
Mescola, alza e tira tre carte.

"Asso di Denari", "La Ruota della Fortuna", "La Morte".

Le osserva.
Sulla faccia scavata, da destra a sinistra, lo attraversa un'ombra di sorriso.
Rimette le carte nel mazzo e, testardo, mescola daccapo.