28 settembre 2011

Lavori in corso

Stiamo lavorando per voi.
Più chiaro di così non sapevamo dirvelo.

Mica è per noi che stiamo lavorando.
Alle nostre imprese il lavoro non manca, né abbiamo alcun interesse ad anticipare le consegne.

Quelli che lavorano nelle ditte più piccole riescono ad alternare con regolarità periodi di impiego e periodi di cassa integrazione o sussidio di disoccupazione - c'è gente che va di questo passo fino alla pensione.
Per noi delle imprese grosse - quelle delle gallerie, delle stazioni, delle autostrade, per capirci - è meglio di un posto statale, perché qui siamo al riparo pure da ribaltoni politici.

Destra e sinistra lo sanno che gli appalti toccano a noi.
E' vero, ogni tanto arriva quello che fa finta di non sapere, che vuol fare il "duro e puro": la contromossa è sempre uguale, sciopero fino alla paralisi e corteo dietro lo striscione su mogli e figli da sfamare.
Appena recuperato l'appalto, riponiamo tutto nel cassetto: lo striscione, i contratti sottoscritti con le relative date di consegna, le mogli e pure i figli.
Tanto noi lavoriamo per voi, mica per loro.

E se capite a fondo quello che vi sto dicendo, voi che siete in fila su quella specie di pista di kart per percorrere la quale pagate pure profumatamente, non affacciatevi nel cantiere, perché mi troverete fermo al primo intoppo, disarmato dal primo banale problema, in attesa dell'ingegnere, dell'assessore, del Ministro dei Trasporti che me lo venga a risolvere.

Magari a voi, che siete fermi in coda al caldo dopo una giornata di lavoro, questo potrà creare imbarazzo.

Scusate il disagio.
Stiamo lavorando per voi.

22 settembre 2011

Vistamare

Marco sdraiato di fianco a Roberta sul sediolino lato passeggero della Yaris di sua madre.

Marco appena sudato, con i muscoli che tremano ancora, con una mano disappanna un angolo del finestrino posteriore che non hanno fatto in tempo a oscurare, tanta era la fretta di stringersi.

Marco alza appena la testa e scopre attraverso il piccolo varco nella condensa il grandangolo sul Golfo, bagnato della luce crepuscolare che solo le giornate fredde e secche di febbraio sanno offrire.
C'è perfino la prima stella della sera, un palmo più su del cratere del Vesuvio.

Roberta un po' lo bacia sul collo, un po' guarda fuori anche lei.

In questo momento, con la strada vuota per la partita del Napoli, il rumore del mare attraversa la carreggiata e arriva fino alla piazzola di sosta.
Marco e Roberta pensano che tutto questo sia lì per loro, addirittura che sia SOLO loro e si sentono EREDI, a loro modo grati di tanta bellezza.
Non c'è posto, ora, nelle loro teste per i problemi, le ansie, le preoccupazioni; sono sicuri, ora, che non ne arriveranno, mai.

Dalla galleria arrivano invece i fari di un auto che poi lentamente parcheggia nella stessa piazzola, più distante che può.
Marco e Roberta si rivestono in silenzio, muovendosi il minimo e risollevando il sedile.
Poi l'urlo della Yaris che si accende copre il canto delle onde.

18 settembre 2011

Pirotecnica

Sasà ha iniziato a pulire portoni appena finite le scuole.
Pian piano è passato alle ville vesuviane, ai primi uffici, ha coinvolto quella che sarebbe diventata sua moglie e poi ha messo in piedi la ditta che oggi da lavoro a tre ragazze del posto - scelte non per campanilismo, ma semplicemente perchè costano meno delle rumene.

Alle sue dipendenti ripete ossessivamente di riportare a lui ogni problema logistico in cui si imbattono, ma di lasciare il posto più pulito che se fosse casa propria.

Sasà combatte quotidianamente con i ritardi di pagamento, la crisi, le aste al ribasso, il direttore della banca; ma lo fa con la forza di un giocatore di rugby e sempre son il sorriso stampato in faccia, anche quando mastica amaro.
C'è solo una cosa che spegne il sorriso di Sasà: i fuochi a giorno.

Con cadenza mensile pressocchè immutabile, in pieno giorno, da zone abbandonate del litorale vengono sparati fuochi d'artificio.
Ora, escludendo che si tratti di un santo patrono particolarmente ricorrente, si fa presto a capire che quei fuochi sono un messaggio in codice: potrebbero segnalare, ad esempio, la ricezione di un carico in buono stato.
E' il segreto di Pulcinella, in città lo sanno tutti - tutti tranne le forze dell'ordine, naturalmente, le cui caserme sono peraltro proprio a ridosso del litorale.

Questo infastidisce Sasà, ma non è ciò che lo manda in bestia: a queste latitudini come vanno le cose lo si impara da piccoli.
Ciò che gli annebbia la vista è la scelta dei fuochi di artificio.
Basterebbero dei semplici botti per recare lo stesso messaggio.
Invece con i fuochi sparati di giorno, quando nessuno può goderli, è trasmessa l'informazione aggiuntiva dello SPRECO a cui non c'è bisogno di badare, perchè marginale rispetto al ricavo ottenuto con quella partita.
E' un sistema di controllo del territorio molto migliore di qualsiasi pubblicità o intimidazione.

Ogni volta che iniziano i fuochi, anche quando è di fretta, anche quella volta che era in ritardo mostruoso e in banca il direttore era rimasto da solo ad aspettarlo, Sasà accosta, sputa sulla sua terra e la maledice.

15 settembre 2011

Calligrafia

Tentenna la penna tra le mie dita, io la stringo ma lei tentenna, inciampa tra le parole, singhiozza tra le virgole,  le "i" mi escono come signore che rincorrono il loro cappello preso dal vento, allora stringo più forte e calco la mano sul foglio, ma non è lì il problema, è piuttosto in questo inconfessato tremore di fondo che avverto, come un ronzio di motore in corrente continua, un moto autonomo che mi pervade dalle estremità, un focolaio di rivolta dei miei arti, pesantissimi eppure semoventi, che finora ho cercato di ignorare per poi arrendermi davanti a questa pagina scritta fuori righe, a queste lettere sbilenche e sfocate.

Pensa se stasera Eleonora mi chiedesse aiuto con le paginette: cosa le direi? Stasera papà non scrive bene?
Pensa Eleonora.
Pensa se perdessi il controllo dei miei arti ed avessi timore che, prendendomi la mano, lei se ne accorgesse.
Pensa se mi accartocciassi su me stesso come una foglia secca e non la potessi più tenere sulle spalle.
Pensa se adesso, a trentott'anni, scivolassi nella demenza: pensa a quanta Vita perderei di vista, la mia, la sua....

Pensa.

Tentenna la penna tra le mie dita, inciampa in un punto messo con foga a chiudere il foglio, rotola sulla superficie del tavolo e si ferma un istante in bilico sullo spigolo.

Poi cade a terra, andando in mille pezzi.

11 settembre 2011

Circumvesuviando

Con tutta la manina stretta intorno all'indice del papà, Niccolò passa il viaggio misurando la sua altezza contro i pantaloni dei passeggeri in piedi nel corridoio del treno.
C'ha messo poco a imparare quel ritmo fatto di frenate e partenze, soste ed accellerazioni, luci e bui; ha perfino scoperto che, guardando come si muove la carrozza davanti, può anticipare i sussulti dovuti al passaggio sugli scambi.

"Ti stai annoiando? Siamo quasi arrivati." gli arriva dalla voce del padre.
Senza alzare la testa, fa di "no" con la visiera del cappellino.

Sta cercando di guardare fuori dal finestrino, perchè qualcosa di questa sosta non gli torna.
Il treno è fermo da qualche minuto senza però essere in stazione.
L'ultimo annuncio diceva "Gianturco", poi delle parole che non aveva capito, poi "Piazza Garibaldi".

Intorno a lui c'è gran fermento: gli operai richiudono le carte da gioco nell'astuccio, gli studenti infilano i libri alla rinfusa nello zaino, gli avvocati recuperano le valigette dai portapacchi e le signore mettono il cappotto.
Niccolò osserva estasiato questo caos ordinato, scatenatosi senza preavviso ma all'unisono, sospettando che qualcuno abbia dato un segnale segreto che lui non conosce.

Il treno riparte, percorre pochi metri, viene ingoiato di nuovo dal buio, poi subito il bagliore delle luci artificiali.

Niccolò sente il rumore delle porte che si aprono e la mano del padre che stringe la sua.
Dopo succede che viene trascinato per un po' dalla folla che si muove: si accorge di uscire fuori dal treno e poi di essere su di un gradino che sale da solo.

Quando la nuvola di persone intorno a lui si dirada, il papà allenta la presa con la mano.
Allora la Città gli arriva addosso tutta insieme, permeando ogni poro: la luce naturale, il cielo turchese, il traffico, i semafori, le insegne pubblicitarie, gli impiegati a passo svelto, la borse per terra sui marciapiedi, le urla degli ambulanti, il cigolio dei tram, l'odore di salsedine e di sfogliatelle calde.

Un po' stordito e un po' disorientato, sorride pensando che è un posto più bello del parco giochi.
Benvenuto a Napoli, Niccolò.


Di solito un periodo di isolamento è conseguenza di catastrofi naturali.
Tagliata la Vesuviana,
con le FS del tutto disinteressate al trasporto regionale
e un'autostrada perennemente in corso d'opera,
non resta neanche uno straccio di terremoto o di inondazione con cui prendersela...

8 settembre 2011

Finchè la barca va

Questo è l'elenco delle lamentazioni sulle vacanze in barca che il gioielliere Orfei rivolge a Seymour, il senegalese ultimo arruolato nel suo equipaggio:

1) La barca è piccola: non bastano certo trenta metri di scafo e quattro cuccette; capita sempre che inviti qualche amico in più e non sai come muoverti, oppure che non lo inviti e ci fai brutta figura.
2) I posti barca d'estate costano uno sproposito: con quegli stessi soldi tanto vale andare in pensione.
3) I bagni con quelle pompe di risucchio che si intasano sempre ed alle volte lasciano perfino salire acqua da Mare: a parte che è anti-igienico, poi vorrei pure vedere che mi tocchi di pulire...
4) L'acqua razionata - alle volte sono costretto a farmi la doccia fredda perchè ci vuole troppo a farla riscaldare.
5) Il costo della benzina: 800 cavalli spingono discretamente, ma bevono anche...
6) La barca è grande: alle volte vorresti vedere una caletta o una grotta, ma sei costretto ad ormeggiare a largo ed usare il tender, che poi ti chiedi che senso ha avere quel barcone se finisci sul gommoncino di 2 metri...
7) Il Mare: quando lo prendi di lato è un'agonia per tutto il tragitto...

Seymour annuisce per cortesia, cogliendo solo qualche parola semplice dal lungo discorso.
Otto mesi fa era tra i 150 imbarcati su una barca poco più grande, 2000 euro a testa (ovvero tutto), Mare piatto e sole a picco tutto il giorno.
Ricorda i corpi scaricati in Mare per evitare la fatiscenza e la dissenteria sfogata contro i fogli di giornale.

Guarda la barca del gioielliere e la sua uniforme nuova e pulita: gli viene da sorridere e uno spicchio bianco come la livrea gli spunta in mezzo alla faccia nera.

5 settembre 2011

(F)ondamentale

Avrei preferito che fossi passata come un temporale d'estate, di quelli che poi esci all'aperto col naso all'insù contro un cielo ancora pesante, restando incredula di rimanere asciutta.

Oppure sparita all'improvviso senza spiegazione, senza nemmeno l'agonia dell'allontanamento, lasciando solo lo stupore del trucco riuscito al prestigiatore.

Invece hai scelto di evaporare lentamente come la schiuma dell'onda che si ritira - mentre ce l'hai ancora negli occhi ti ritrovi a fissare soltanto la sabbia.

Di un'onda scomparsa non se ne accorge nessuno: non il Mare, non la spiaggia, non i bagnanti.
Perfino a te - che la stavi osservando - viene da chiederti se c'era davvero o era solo fantasia.

E quando alla fine capisci che doveva trattarsi di pura immaginazione, invece trovi una conchiglia che ne conserva intatto il suono.

1 settembre 2011

Chiamala Invidia

Chiamala pure Invidia.
Così ci metterai di meno a capire perchè non rispondo più al telefono e per strada a stento ti saluto.

Chiamala pure Invidia, nessuna meglio di te sa che non mi interessa quello che pensa la gente.
Altrimenti ci sarebbe stato da piangere e impazzire, il mio girovita rotondo affianco al tuo corpo slanciato, la mia borsa Furla - quella buona - affianco alla tua Burberry trattata come un cestino di vimini, la tua sigaretta accesa in un nugolo di ragazzi affianco alla mia nausea solitaria da fumo passivo.

Che tu avessi me per migliore amica era un mistero per molti, perfino un'opera meritoria per qualcuno.
Non dirò invece che mi cercavi con l'insistenza delle tue insicurezze e con la frequenza con cui ti si presentavano i tuoi finti complessi, immediatamente sanati dalla mia venerazione e dalle umiliazioni che sottilmente sapevi infliggermi.

Che tu sia più bella e più intelligente l'ho sempre riconosciuto.
E pure più raccomandata.
Quale sia il motivo per cui hanno scelto me per il posto al comune non lo so davvero spiegare - bisognerebbe chiederlo alla racchia scrutinatrice.

Finchè non risponde, tu - se vuoi - chiamala pure Invidia.